Le dinamiche dietro la crisi del petrolio

La notizia della settimana è senza dubbio alcuno il continuo oscillare del prezzo del petrolio. La notizia più clamorosa ha riguardato il valore dei contratti che, nel prossimo futuro, graveranno sui barili di petrolio WTI.  Sulle ragioni delle variazioni si è a lungo discusso e si continua a discutere ma tutte si ricollegano alla dinamica tra domanda e offerta: la prima, per esempio, è calata drasticamente. Così i produttori hanno così pensato di stoccare le merci per aspettare momenti più propizi. Il problema però è che non è facile lo stoccaggio per il petrolio.

I problemi dei produttori

Ovviamente nel mondo non tutti i produttori vivono le stesse dinamiche di problema. Questo può sorgere anche per questioni legate alla logistica, in alcuni casi. Valutando la valutazione del Brent, che dà una panoramica migliore sul valore globale del petrolio, si notano immediatamente prezzi più elevati. Il prezzo del WTI invece fa riferimento al petrolio estratto negli USA, di cui una grossa quantità viene transita per l’hub di Cushing in Oklahoma. Qui il petrolio ha più difficoltà di stoccaggio, anche per l’assenza del mare. In certe regioni del mondo, lo stoccaggio va verso l’esaurimento.

Le cause dell’inversione del prezzo

Poi c’è da capire perché l’inversione del prezzo ha una giustificazione tutta tecnica. Il crollo non a caso è arrivato proprio nei giorni di scadenza del future, quando cioè molti strumenti di risparmio collettivo, come gli ETF, hanno operato il cosiddetto “rollaggio” dei contratti, squilibrando l’asse domanda-offerta. Che futuro, e con che conseguenze, per i mercati e l’economia? Per un investitore è dunque importante capire la dinamica del petrolio nei mesi a venire. I flussi parlano di una crescita esponenziale di investimenti sul petrolio, aprendo così la possibilità di speculare su possibili rimbalzi. Ma si tratta di una eventualità remota, comunque complessa.

Gli effetti negativi sul mercato

Questo perché nel breve periodo il calo del prezzo ha avuto come effetto immediato un tasso negativo sui mercati, con peggioramenti sulla filiera energetica. Un altro potenziale effetto negativo riguarda i mercati emergenti in esportazione: qui si potrebbe verificare anche un ritracciamento delle prospettive commerciali, con conseguente riorganizzazione delle catene di valore. Per quel che riguarda la volatilità di breve termine, un effetto potrebbe essere quello sull’inflazione. Al contrario, per molti settori, il basso prezzo del petrolio è un segnale positivo per l’economia. Nel lungo periodo, invece, non è da escludere riproposizioni dei prezzi del petrolio degli ultimi anni. Di conseguenza ciò potrebbe portare molti produttori fuori dal mercato, incapaci di potersi salvare nemmeno con un intervento pubblico o tramite un ricorso al credito, in una situazione che si prospetta, economicamente parlando, drammatica. A chiaro vantaggio, va sottolineato, di chi produce energia alternativa, settore che potrebbe effettivamente guadagnarci.

Su quali strumenti puntare?

Qui urge una premessa: il recupero di prezzo è sempre prevedibile, seppur non scontato né tantomeno assicurato. Sono sconsigliati gli investimenti immediati in questa asset class. Per gli strumenti meglio se collettivi: la volatilità degli ultimi giorni ha insegnato che quegli strumenti che operano un rollaggio dei contratti offrono grandi garanzie di acquisto.  I principali ETF sul petrolio oggi invece seguono la dinamica negativa dei contratti future relativi alle consegne di giugno ma per chi volesse cominciare ad investire oggi ci sarà da fare i conti col sovrapprezzo dell’ETF rispetto al sottostante derivato dalla dinamica tecnica dei flussi.

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