Derby d’Italia: come sono state gestite Inter e Juventus dagli anni ‘90 in avanti
In questi ultimi giorni, l’attenzione di milioni di italiani è rivolta alla giornata di domenica sera, allorquando, nello splendido scenario dello Juventus Stadium, andrà in scena l’attesissimo duecentocinquantesimo Derby d’Italia. Le sfide tra Juventus e Inter, d’altro canto, non sono mai banali, appassionano gli esperti e, come viene evidenziato in questa intervista di Ielpo e Collovati, offrono interessanti spunti tattici e agonistici del match calcistico più caldo del nostro paese.
Quest’anno, poi, lo scontro diretto è reso ancor più incandescente dalla classifica. Dopo alcuni anni lontano dalla lotta per il vertice, la Juventus si trova a due sole lunghezze dall’Inter e, in base a quanto fin qui accaduto nel nostro campionato, pare l’unica reale antagonista della compagine nerazzurra, determinata quest’anno a cucire la seconda stella sulla propria maglia.
La gestione economica-finanziaria dei club italiani negli anni ‘90
Nel corso del tempo, tuttavia, Juventus e Inter si sono contrapposte, spesso, anche per lo stile della gestione economica e finanziaria della società, totalmente agli antipodi in alcuni periodi storici. Basti pensare, ad esempio agli anni ‘90, periodo in cui il calcio italiano splendeva di luce riflessa grazie ai generosi investimenti di alcuni magnati nostrani.
L’esempio più lampante, in tal senso, arriva direttamente dall’altra sponda di Milano, dove Silvio Berlusconi, soprattutto nella prima parte degli anni ‘90 prima del suo ingresso in politica, non badava a spese per il “suo” Milan. L’arrivo di Massimo Moratti durante la stagione 1994/95 alla presidenza nerazzurra era, in buona sostanza, la risposta della Beneamata al Diavolo.
I due presidenti delle compagini milanesi, tuttavia, non erano gli unici imprenditori di punta italiani ad investire nel calcio. In quegli anni, infatti, investono pesantemente nel calcio anche Tanzi (Parma), Cragnotti (Lazio), Sensi (Roma) e Cecchi Gori (Fiorentina), dando vita, nella seconda metà degli anni ‘90, al campionato delle cosiddette “sette sorelle”, numero che corrispondeva alle società in lotta per lo Scudetto.
1994-2006: il virtuosismo finanziario bianconero si contrappone agli investimenti ingenti di Massimo Moratti
In un periodo in cui alcuni magnati italiani spendevano svariati centinaia di miliardi per restare competitivi ai massimi livelli, la Juventus della Famiglia Agnelli, in netta controtendenza, decideva di scegliere la strada dell’autogestione societaria affidando questo delicato compito alla famosa “triade” Moggi-Giraudo-Bettega.
Dopo aver speso moltissimi miliardi nelle stagioni precedenti per accaparrarsi giocatori del calibro di Roberto Baggio e Gianluca Vialli, la proprietà bianconera decise di attuare un virtuosismo finanziario che non ebbe contraccolpi sul rettangolo verde. Anzi, la squadra piemontese, dopo un digiuno di nove anni, tornò a vincere il campionato col tridente Del Piero-Vialli-Ravanelli assunto a simbolo del furore agonistico della compagine guidata in panchina da Marcello Lippi.
L’Inter, in quel periodo, attuava una gestione economico-finanziaria estremamente dispendiosa cercando di acquistare tutte le più importanti stelle del firmamento calcistico: gli acquisti di Ronaldo, prima, e Vieri, poi, rappresentano solo la punta dell’iceberg di uno stile societario che puntava a vincere senza badare a spese, attingendo a piene mani dalle risorse finanziarie di Massimo Moratti. Sforzi, però, che non trovavano riscontro sul campo, eccezion fatta per la vittoria della Coppa Uefa 97/98.
Anche la prima parte degli anni ‘00 ricalca, in buona sostanza, quanto accaduto nella seconda metà degli anni ‘90: la Juventus si autofinanzia con la cessione di giocatori importanti (emblematico, in tal senso, il mercato del 2001, con le cessioni di Zidane e Inzaghi che consentirono gli arrivi di Buffon, Thuram. Nedved e Salas), mentre l’Inter continua a beneficiare della generosità del proprio presidente.
Il punto massimo della gestione Moratti giunse al termine del primo saldo positivo in sede di calciomercato estivo
Tutto cambia, per quanto ovvio, dopo il terremoto di Calciopoli. La Juventus riparte dalla Serie B ed è costretta a cedere alcuni giocatori cardine (due, Ibrahimovic e Vieira, proprio all’Inter), mentre i nerazzurri diventano egemoni sul mercato e in ambito nazionale sul rettangolo verde. Paradossalmente, però, il punto più alto della gestione Moratti giunge al termine di un’estate, quella del 2009, che segna un cambio di marcia.
Dopo anni di pesanti saldi passivi in sede di calciomercato, Moratti vende Ibrahimovic al Barcellona e rivoluziona la squadra, all’epoca guidata da Mourinho, autofinanziandosi l’acquisto di Eto’o, Milito, Sneijder, Lucio e Thiago Motta, un pokerissimo di giocatori che consentì all’Inter di tornare sul tetto d’Europa per la terza volta nella propria storia, sovvertendo i pronostici di Betway Sports e altri bookmakers che vedevano Barcellona, Real Madrid e Chelsea come le più autorevoli candidate per la vittoria finale di quell’edizione di Champions.
Nello scorso decennio, complice il progressivo disimpegno di Massimo Moratti culminato con la cessione della squadra a Thohir nel 2016, nonché la presenza sempre più attenta di Exor (cassaforte della famiglia Agnelli) all’interno della Juventus per sostenere le casse bianconere, i ruoli si sono completamente invertiti: bianconeri egemoni (nove scudetti consecutivi), nerazzurri comprimari.
Inter e Juventus al giorno d’oggi: sanare i conti è il mantra imprescindibile dei rispettivi management
L’arrivo di Suning al comando della società del club milanese sembrava aver creato i presupposti per un duello, finanziariamente parlando, decisamente appassionante tra i due club, complice anche l’oneroso acquisto di Cristiano Ronaldo da parte del club torinese. La storia, però, ha detto altro.
L’Inter, complice il mutato contesto geopolitico che ha costretto Suning a non investire più massicciamente nello sport, è stata obbligata a ricorrere alla via maestra dell’autofinanziamento: l’accoppiata Marotta-Ausilio sta dando ampia dimostrazione della proprie capacità, coniugando il virtuosismo economico ai risultati sul campo.
La Juventus, schiacciata dai debiti per l’avventata – finanziariamente parlando – operazione CR7, ha effettuato alcune inopportune manovre finanziarie ed è stata punita con penalizzazioni in ambito nazionale e l’esclusione per un anno dalle coppe europee. Va da sé, di conseguenza, che l’operato del management bianconero, totalmente mutato nel corso dell’ultima estate, sia radicalmente cambiato. Ed oggi, al pari dei colleghi nerazzurri, il loro mantra imprescindibile è sanare i conti, in primis, e mantenere, poi, la squadra competitiva ai massimi livelli.